Carven e la Kerova in piscina.
Scritto dal regista insieme a Gigi Montefiori, è un curioso tentativo di accodarsi al filone dei film danzerecci che nel 1978 ebbe un improvviso successo.
L'operazione qui è però palesemente di recupero: il copione non c'entra un bel niente con il ballo, e i lunghi momenti ambientati in discoteca sono stati inseriti a forza, senza alcun nesso logico con la vicenda.
La storia è meno sciocca di quanto temessi, per quanto non brilli per originalità. Mircha Carven - chiunque fosse - è un benzinaio che sogna di fare l'attore, e viene aiutato dal suo amico maneggione Vincenzo Crocitti ad inserirsi nel mondo romano delle produzioni. Dove ovviamente incontra quasi solo canaglie, mignotte e finanziatori ignoranti come bestie.
C'è un certo gusto nella descrizione di questo sottobosco, e non mancano alcune sequenze riuscite, come lo sventato suicidio di Zora Kerowa, o ancora Crocitti che chiama i suoi strozzini per farsi picchiare, ormai stanco dei mille sotterfugi a cui è obbligato dalla sua tossicodipendenza. Ma il tutto naufraga in una struttura narrativa zoppicante, che giunge ad un finale sbrigativo ed incomprensibile.
La colonna sonora presenta solo 3 o 4 brani, perlopiù ad opera dei fratelli La Bionda, ripetuti in modo ossessivo. Nel cast appaiono anche Alessandra Cardini e Francesco Anniballi.
Visto nella bella copia trasmessa da Rete 4 pochi giorni fa.
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