31 marzo 2021

Una notte sui tetti (David Miller, 1949)

 

Il vecchio Groucho con la giovane Marylin.

L'ultimo film dei fratelli Marx è, com'era ampiamente prevedibile, molto deludente. Lo stesso Groucho ne parlava malissimo, negli anni sessanta. La storia ruota intorno ad Harpo: è lui il vero protagonista. Chico si vede molto meno, mentre Groucho è addirittura quasi un corpo estraneo, e le sue sequenze poco hanno a che fare col resto del film.

Si seguono le tracce di un preziosissimo gioiello, che è stato nascosto in una scatola di sardine rubata (come mille altre cose) da Harpo. Seguono equivoci vari. Il film è davvero poca cosa: non si ride mai, e le canzoni rallentano ulteriormente il ritmo già lasco di suo. Anche i numeri musicali di Chico al piano e Harpo all'arpa sono ripetitivi.

Il doppiaggio italiano è - come sempre nei film dei Marx - posteriore al film, ma non troppo: tra le voci si riconoscono Stefano Sibaldi e Carletto Romano. Scioccamente, l'adattamento italiano aggiunge un paio di inutili battute su Marylin Monroe, che appare per trenta secondi da perfetta sconosciuta quale era nel 1949.

Visto nel dvd A&R, che contiene sequenze sottotitolate ma solo quando non c'è il doppiaggio italiano.

30 marzo 2021

Una donna libera (Vittorio Cottafavi, 1954)

Il complicato rapporto tra madre e figlia.
 

Questo lo avevo già visto nel 2012, e me l'ero quasi scordato. Leggo che non mi piacque, e devo dire che anche stavolta ho trovato difficile appassionarmi alla storia di questa ragazza indipendente ma antipatica, che finisce per tradire praticamente tutti quelli che incontra, in nome della sua libertà.

Cottafavi sapeva girare, su questo non ci piove: ma la protagonista è così poco empatica che tutto il film finisce col mancare di un nucleo forte, che possa coinvolgere lo spettatore. Mediocri gli attori principali; ottimo invece il cast secondario, con Gino Cervi ed Elisa Cegani su tutti.

Visto su Prime Video.

The Cocoanuts (Robert Florey e Joseph Santley, 1929)

Momento serio per il grande Harpo.

Il primo film dei fratelli Marx non è certo il loro migliore. Girato quando il cinema sonoro stava facendo i suoi primi, incerti passi, è tecnicamente ancora piuttosto rozzo; oltretutto la derivazione teatrale del soggetto è fin troppo esplicita. Se il film comunque diverte, e lo fa, è soprattutto grazie al grande Harpo e alle sue stralunate invenzioni, al suo inimitabile linguaggio del corpo. Meno incisivi Chico e Groucho, almeno per il pubblico italiano che si perde - ahinoi - tre quarti del divertimento nelle loro sequenze, anche con i sottotitoli. I loro giochi di parole sono intraducibili, qui come altrove.

A quanto pare, oggi il film sopravvive soltanto in copie incomplete (mancherebbero circa 7') ed assemblate nel dopoguerra da materiale eterogeneo: fin troppo evidenti gli stacchi di qualità durante la visione.

Dvd Universal.

29 marzo 2021

Niente di grave, suo marito è incinto (Jacques Demy, 1973)

Un perplesso Mastroianni, ormai pronto al parto.

Gradevole commedia diretta dal grande Jacques Demy con un delizioso Mastroianni protagonista. L'attore interpreta il gestore italiano di una scuola guida parigina, e recita in francese senza problemi a fianco della sua partner del tempo, Catherine Deneuve. Come sempre nei film del regista francese, costumi, fotografia e musiche (di Michel Legrand) sono di altissimo livello. Il tono è leggero e l'argomento ovviamente surreale: peccato solo che la versione italiana sia stata vergognosamente ridicolizzata dall'adattamento, ad opera del solito Guido Leoni, che ha trasformato una garbata commedia in una farsa pecoreccia. Leoni si è persino accreditato come co-autore della sceneggiatura (!) nei titoli di testa della versione italiana del film.

Di conseguenza, abbiamo un ginecologo parigino che diventa un professore russo, che parla con un forte accento da film comico; il collega di Mastroianni all'autoscuola è invece un siciliano, e così via.

Film da vedere solo in francese, con sottotitoli, per non rovinarsi il fegato.

28 marzo 2021

Amore all'arrabbiata (Carlo Veo, 1976)

Gloria Piedimonte in (quasi) tutto il suo splendore.
 

Commedia di bassissimo livello costruita su una sceneggiatura che fa acqua da tutte le parti. Anche il montaggio è realizzato malamente, e ci sono persino alcuni momenti semi-seri (il rapporto tra Davoli e la madre, per esempio) che fanno a cazzotti con il resto del materiale. Ma non vale la pena di perdere tempo a descrivere la trama, del tutto secondaria. Il film offre anche qualche sequenza gradevole, va detto: come quando Gloria Piedimonte decide che è finalmente giunto il momento di togliersi i vestiti di dosso.

La colonna sonora di Roberto Pregadio è perfettamente adatta al livello del film (è orrenda), ma si ascoltano anche canzoni come "Sei bellissima" di Loredana Berté e la notevole "Me sò magnato er fegato" cantata da Gigi Proietti già sui titoli di testa.

Recuperato su Mediaset Play.

27 marzo 2021

I pinguini ci guardano (Guido Leoni, 1955)

L'uomo, la leggenda: Turi Pandolfini.
 

"Questo non è un film, questo è un manicomio!", dice a un certo punto Isa Miranda; quando si dice la consapevolezza. Bizzarro oggetto riemerso dall'oblio dopo decenni grazie alla messa in onda su Cine 34. Girato all'inizio del 1955 ma uscito nelle sale solo a luglio del '56, è opera dell'ineffabile Guido Leoni, pessimo regista e futuro responsabile di adattamenti/stravolgimenti di film e serie tv straniere (La tata, Niente di grave... suo marito è incinto, molti film di Stanlio e Ollio eccetera). Non è proprio un film, ma più un collage di scenette che dovrebbero far ridere. In sostanza ci sono minuti e minuti di sequenze degli animali dello zoo di Roma con appiccicato sopra un doppiaggio che li fa parlare in modo ironico, quantomeno nelle intenzioni. Il tutto inframmezzato da siparietti con attori in carne e ossa, gente del calibro di Rascel, Panelli, Modugno, Ave Ninchi eccetera: ma il livello resta basso. E sentire la voce di Arnoldo Foà che doppia una foca mette davvero tristezza.

C'è da riconoscere comunque a Leoni una certa fantasia, oltre che una faccia tosta rara. Per fortuna nel film c'è il grandissimo Turi Pandolfini, che regala alcuni momenti spassosi. 

Trasmesso da Cine 34.

26 marzo 2021

Pietà per chi cade (Mario Costa, 1954)

Un intenso primo piano di Nazzari.
 

Un altro dei film italiani che trattano il delicato tema del ritorno dei reduci dispersi in Russia, anche se qui la cosa è solo un pretesto narrativo e poco più. Nazzari torna dopo ben 10 anni, e come prima cosa accoppa l'uomo che aveva avuto una liaison con sua moglie mentre lui era via, creduto morto da tutti. In realtà quella relazione era ormai finita, ma vaglielo a spiegare.

Dramma torbido, che non risparmia qualche colpo basso e culmina in un finale da fotoromanzo (il salvataggio sui binari del treno). Nazzari si vede poco: il vero motore della storia è il complicato rapporto tra la figlia (Antonella Lualdi, splendida) e la madre (Nadia Gray). Anche qua come in Catene, la donna decide di mentire al processo, sacrificandosi per salvare il marito che amava, ama ancora e sempre amerà.

Oggi fa un po' specie vedere un uomo che prende soli 4 anni di carcere per un omicidio volontario, grazie al famigerato articolo 587 del nostro Codice penale, quello relativo al delitto d'onore: ma nel 1954 la cosa passava ancora liscia.

Visto su Mediaset Play.

25 marzo 2021

Il canto della vita (Carmine Gallone, 1945)

 

Carlo Ninchi, invecchiato per il ruolo.

Dramma diretto con gusto da Carmine Gallone su un soggetto non particolarmente originale. Alida Valli viene sedotta dal figlio del padrone della tenuta agricola nella quale lavora: lui però è già fidanzato con una nobildonna, e a cose fatte se ne lava le mani. Lei quindi va a partorire altrove il figlio della colpa, com'era uso, lasciando poi il pupo a balia da una vecchia zia. Al suo ritorno, mesi dopo, il giovanotto si è sposato, ma non riesce ad avere l'erede che suo padre (Carlo Ninchi, grandissimo) desidera più di ogni cosa...

Buon film, nel quale la guerra è solo uno sfondo come un altro (il ragazzo che concupisce Alida Valli si nasconde durante le retate dei tedeschi), e a contare sono i rapporti tra i personaggi.

Visto su Prime Video.

La guerra lampo dei fratelli Marx (Leo McCarey, 1933)

 

Il presidente di Freedonia: una pessima scelta.

Forse il capolavoro dei fratelli Marx. Difficile dirlo con sicurezza, dato che quasi tutti i loro film regalano chicche e momenti memorabili, ma qui le sequenze divertenti sono davvero tante, e non c'è un momento di stanchezza.

Ci sono un centinaio di idee comiche e battute folgoranti, molte delle quali intraducibili e quindi perse nel doppiaggio italiano. Peccato solo per il finale, un po' brusco e quasi deludente dopo un film del genere: anche in considerazione della breve durata (soltanto 68'), la pellicola avrebbe meritato una chiusura meglio costruita.

Dvd italiano Universal.

23 marzo 2021

Primo applauso (Pino Mercanti, 1957)

Mario Riva nei panni di se stesso.


Tra i film con Claudio Villa, finora è il peggiore che abbia visto. La storia è sempre quella: il reuccio vorrebbe sfondare come cantante ma ci sono problemi, ostacoli da superare eccetera. La costruzione però è maldestra, i momenti comici sono tremendi (Billi e Riva al minimo storico, Dapporto insopportabile) e la love story tra Villa e la cassiera del bar annoia.

Da segnalare il doppiaggio, con Nino Manfredi, Riccardo Cucciolla e Adriana Asti sui protagonisti. Per il resto è un filmetto dimenticabile come se ne producevano a bizzeffe in quel periodo. Appaiono, in piccoli ruoli, Gigi Reder e Nietta Zocchi, la leggendaria contessa Serbelloni Mazzanti Viendalmare de Il secondo tragico Fantozzi.

Visto su Prime Video.

Stati di alterazione progressiva (Alan Rudolph, 1985)

La trasformazione di Keith Carradine è già in atto.
 

Non so bene che dire, di questo film. A giudicare dal poster e dal titolo italiano (entrambi bellissimi) mi aspettavo tutt'altro: un psycho-thriller con tocchi di sovrannaturale, o qualcosa del genere. 

Invece il film è una specie di incrocio tra il noir d'atmosfera e il fumetto autoriale, non mi viene una definizione migliore. Che a modo suo funziona anche bene, nonostante le tante stranezze che si accumulano col passare dei minuti. Keith Carradine in particolare si trasforma via via in un personaggio davvero da fumetto, come stile.

Kris Kristofferson è inquietante e Lori Singer è splendida, anche se il suo personaggio non dice poi granché. Da segnalare la presenza di Divine, attore feticcio di John Waters.

Visto su Prime Video.

22 marzo 2021

La fortuna viene dal cielo (Akos Rathonyi, 1942)

Uno dei rari esterni del film, girato a Torino.

Gustosa commedia con Anna Magnani in un ruolo ancora secondario. Ambientata a Budapest e girata da un regista davvero ungherese, è strutturata in modo ingegnoso. Una dolce ragazza si fidanza con un facoltoso avvocato, ben più vecchio di lei, solo per evitare che il negozio del padre chiuda per i debiti accumulati. Lui le regala una preziosa spilla, che però viene subito rubata da un ladruncolo. Il quale a sua volta la consegna a una entraîneuse (la Magnani), per non farsela trovare addosso dalla polizia... seguiranno altri equivoci.

Piacevole esempio di film di pura evasione, breve (65' circa) e girato durante la guerra per distrarre il pubblico - se possibile - dalle nostre miserie.

Visto su Prime Video.

21 marzo 2021

Ragione di stato (André Cayatte, 1978)

 

La Vitti e Perier se la ridono, finché possono.

Deludente, ultimo film di André Cayatte. Si parla di traffico di armi, politica di alto livello. Con i francesi senza scrupoli che fanno ammazzare tranquillamente un ricercatore che aveva scoperto qualcosa che avrebbe dovuto restare top secret. La storia però procede banalmente, anche per alcuni dialoghi davvero ingenui, e soprattutto lascia a desiderare la direzione degli attori, la Vitti su tutti. Spaesata e fuori ruolo, fa quello che può per salvare il salvabile, ma il suo personaggio resta ben poca cosa.

C'è un bel finale secco, come piacciono a me; ma il film è mediocre. Appaiono in brevissimi ruoli anche Jess Hahn e Ugo Bologna, quest'ultimo doppiato da Sergio Graziani!

Visto su Mediaset Play.

Un marito per il mese d'aprile (Giorgio Simonelli, 1941)

La prima notte da povero in canna per Carletto Romano.
 

Garbata commedia dei telefoni bianchi, come si facevano a quel tempo. C'è una certa frivolezza di fondo, sia nella storia che nell'ambientazione, lasciata volutamente sul vago. I cognomi che si sentono ricordano quelli dei personaggi di Diabolik: Melpin, Lorens, Milton...

Il personaggio di Carlo Romano però è meglio definito: interpreta un uomo d'affari ridotto sul lastrico, costretto a passare la notte su un treno fermo sui binari. Finché non incontra la bella Mara (Vanna Vanni), che lo assume perché finga di essere suo marito, in modo da scoraggiare un corteggiatore molesto e particolarmente insistente. Inutile dire che alla fine i due si innamoreranno sul serio.

Visto su Prime Video.

20 marzo 2021

Nessun nome nei titoli di coda (Simone Amendola, 2019)

Una bella figurante della "Spoletini comparse".  

 

Documentario su Antonio Spoletini, classe 1937, attivo a Cinecittà dagli anni cinquanta a tutt'oggi come capogruppo, organizzatore, aiuto regista eccetera. La famiglia Spoletini conta anche diversi altri fratelli, tutti attivi nel cinema, tra i quali Guglielmo che con lo pseudonimo di William Bogart girò diversi film da protagonista negli anni sessanta-settanta.

Avrei preferito qualche informazione in più sulle comparse storiche del periodo d'oro del cinema italiano, ma il regista ha preso un'altra strada e si è invece concentrato sulla figura di Spoletini. Scelta rispettabile ma deludente, per me.

Dal racconto emerge comunque un sottobosco inquietante, quello della selezione delle comparse per i film e le fiction. Una specie di mercato delle vacche dove le persone, spesso già oltre i sessant'anni, sono trattate in modo vergognoso.

Visto su Prime Video.


Era lei che lo voleva! (Marino Girolami e Giorgio Simonelli, 1953)

 

Nel 1953 anche le dive non si depilavano le ascelle.

Commedia con Walter Chiari e Lucia Bosè che segue le scaramucce amorose della coppia: lei è una ricchissima ed annoiata fanciulla che sta per prendere la terza laurea (!), lui - più realisticamente - un pugile prossimo alla sfida per la cintura di campione europeo di categoria. L'ambientazione nel mondo della boxe è gustosa: appaiono diversi ex pugili, tra i quali Enzo Fiermonte e Leone Jacovacci. Stranamente manca il grande Erminio Spalla, che mi sarebbe piaciuto vedere.

Filmetto senza pretese, con Chiari che va di repertorio. Una sequenza però merita la citazione: il canguro impazzito che si mette a picchiare tutti quelli che incrocia durante il ricevimento del matrimonio.

Visto su Prime Video.

19 marzo 2021

Kolossal - I magnifici macisti (Antonio Avati, 1977)

Il poster del film, che uscì al cinema.
 

Divertente film di montaggio realizzato assemblando sequenze di molti vecchi film (non così vecchi in realtà, nel 1977) e diretto dal fratello di Pupi Avati. C'è dentro di tutto un po': forzuti, peplum, avventurosi, pirateschi e così via.

Il commento di Maurizio Costanzo è ovviamente sardonico, ma tutto sommato rispettoso. Curiosamente l'attore che si vede di più è Totò, con le sue varie parodie. Molto spazio viene riservato a Scipione l'africano di Carmine Gallone, che dovrebbe contenere il primo seno nudo del cinema italiano, nel lontano 1937.

Visto su Prime Video.

La fabbrica dei soldi (Estelrich, Roy e Pazzaglia, 1964)

La famiglia al capezzale del "moribondo".
 

Film in 3 episodi. Il primo, ambientato a Madrid, narra della truffa ai danni di un bifolco, a cui viene venduto un tram. Il secondo, e siamo a Parigi, parla di un'agenzia matrimoniale egualmente truffaldina. Entrambi dimenticabili, ma va detto che in origine queste due parti duravano circa 45 minuti l'una, e i molti tagli della versione italiana non avranno certo giovato.

Rimane il gustoso episodio italiano, con uno splendido Salvo Randone nei panni di un finto moribondo in quel di Napoli (e dove, se no). Pazzaglia ha gusto nella descrizione di questo poveraccio che si inventa, con notevole cinismo, il modo di tirare avanti e mantenere moglie e cinque creature. Divertente. Appaiono in ruoli minori Antonio Allocca e Vincenzo Falanga, che è uno degli uomini che portano giù il pianoforte.

Recuperato su Prime Video.

18 marzo 2021

Inchiesta su un delitto della polizia (Marcel Carné, 1971)

Il giudice Level al lavoro.
 

Bel poliziesco diretto da un grande regista francese. Niente sparatorie, nè inseguimenti: nè tantomeno musica che pompa a bestia mentre un'auto guidata da Remy Julienne si ribalta giù da una scarpata prima di esplodere. Il film segue minuziosamente la difficoltosa indagine del giudice Level (un ottimo Jacques Brel) e il processo che ne segue.

Il fatto di cronaca da cui è stato tratto il film è una specie di caso Cucchi francese. La solita storia. Un povero disgraziato venne prelevato dalla polizia, accusato di un grosso furto, e fu letteralmente ammazzato di botte per convincerlo a confessare. Stranamente, l'insabbiamento quella volta non funzionò come quasi sempre funziona e i poliziotti finirono alla sbarra. Vennero assolti, ma anche i sassi capirono quanto era accaduto realmente.

Film robusto, classico, che non annoia mai anche se qualche snodo narrativo scade nel cliché. C'è anche la splendida Paola Pitagora, dato che il film è una coproduzione.

Visto in francese con sottotitoli inglesi, dato che la versione italiana non si trova.

16 marzo 2021

La padrina (Giuseppe Vari, 1973)

Lo sguardo del cagnetto dice molto sulla qualità del film.

Modestissimo film di mafia uscito (poco e male, sembra) sulla scia del successo del film di Coppola. Girato interamente in Sicilia, tra comparse che guardano in macchina ed interni orrendi, è noioso e tecnicamente tirato via alla meno peggio. Giuseppe Vari (che qui si firma Al Pisani, nientemeno) non era un virtuoso della MdP, ma ha fatto di meglio.

Altro recupero da Mediaset Play.

La vacanza (Tinto Brass, 1972)

La coppia Redgrave-Nero.

Insostenibile. Pur partendo con le proverbiali migliori intenzioni, non sono riuscito ad andare oltre i primi 25 minuti di questa "cosa" che chiamare film mi sembra persino eccessivo. L'impressione è quella di un film che si siano dimenticati di doppiare, lasciando per sbaglio la colonna guida nella quale la Redgrave si esprime in presa diretta in un anglo-veneto solo parzialmente comprensibile. Per fortuna c'è Osiride Pevarello, presenza fissa in molte pellicole del regista, ma non basta certo a sopportare questa lagna fino al termine.

Bluray Koch Media.

15 marzo 2021

Il fantasma della libertà (Luis Buñuel, 1974)

 

Nessuno suona il piano come Adriana Asti.

Splendido film del grande, vecchio Luis Buñuel. Co-prodotto dall'Italia (nel cast appaiono Monica Vitti, Milena Vukotic, Adolfo Celi e una meravigliosa Adriana Asti), è strutturato in modo molto libero, ma non così anarchico come potrebbe sembrare. Molte le sequenze memorabili: lo struzzo in camera da letto, la partita a poker dei 4 frati, la Asti nuda che suona il pianoforte per il fratello questore... ma su tutte a mio parere la misteriosa "scomparsa" della bambina.

L'irriverenza del grande regista spagnolo è molto misurata, ha il dono raro di sapersi sempre fermare un attimo prima di scadere nello sberleffo. Cinema purissimo, da vedere e rivedere. Nel mio caso, ricordo di aver visto il film per la prima volta in occasione di un ciclo dedicato al regista su Tele +1, un migliaio di anni fa. Ero un ragazzino, e rimasi molto colpito.

Dvd italiano Sinister.

14 marzo 2021

Intrigo a Parigi (Jean-Paul Le Chanois, 1964)

 

Gabin e la bella Mireille Darc.

Un Gabin leggero e divertito in questa commedia piuttosto scialba. Interpreta un ricchissimo banchiere che viene dissuaso dal suicidio all'ultimo istante, e decide quindi di farsi passare per morto, riciclandosi come maggiordomo nella villa di alcuni signori.

Film che parte anche bene, ma la trama è a dir poco improbabile, e i personaggi sono poco interessanti; il tono generale del film non convince mai, troppo fatuo. Gabin è sempre Gabin, ma vederlo prendere ordini e dire continuamente Sì, signore non è il massimo della vita, a mio gusto personale. Ci sono anche Claudio Gora e Marina Berti nel cast, dato che il film è una co-produzione, ma si limitano a fare tappezzeria o poco più.

Film dimenticabile, tanto che scopro di averlo già visto circa due anni fa, senza ricordare granché. Tanto per cambiare.

Visto in un bel mux da dvd francese; c'è anche il dvd italiano, della Ermitage, ma in pratica è una orrenda videocassetta riversata.

13 marzo 2021

Gioventù alla sbarra (Ferruccio Cerio, 1953)

 

Una bella sequenza onirica.

Grande titolo. Albertazzi è un bravo ragazzo che mette incinta la bella fidanzata (Delia Scala) e realizza che per sposarsi non basta l'amore, ma ci vogliono i soldi. Per sua sfortuna, ha un amico intrallazzone (il solito Massimo Serato) che non vede l'ora di coinvolgerlo nei suoi loschi traffici. Come se non bastasse, il ragazzo conosce pure una sciantosa cantante di tabarin (scandalo!), la bella Isa Barzizza: il quadro è completo.

Bel film, con la regìa raffinata del savonese Ferruccio Cerio, qui al suo penultimo lavoro. C'è anche una sotto-trama con il procuratore (Paolo Stoppa) ricattato da un industriale suo creditore e che proprio lui deve giudicare. Bello anche il finale con Stoppa che si affida al crocefisso (!) come unica speranza: molto anni cinquanta. La descrizione del sottobosco della criminalità romana è chiaramente debitrice del noir americano.

Altro meritorio recupero di Mediaset Play, in una copia ottima.

12 marzo 2021

Malavita (Rate Furlan, 1951)

 

Lo stornellatore canta la canzone che dà il titolo al film.

Dramma malavitoso ambientato a Napoli. Emerso in una vecchia registrazione da Odeon tv di soli 65', è un torbido fumettone poveristico ma non disprezzabile. Nella sua ingenuità si segue con discreto piacere, quantomeno in questa versione accorciata, che è poi l'unica disponibile che io sappia. La storia è quella di due fratelli innamorati della stessa donna (un classico): l'uno è un tutore della legge, l'altro un bravo ragazzo che però è scivolato nel crimine per colpa della malafemmina della situazione. L'ingiusta condanna per omicidio di uno dei due fratelli verrà annullata grazie alla confessione della ragazza in punto di morte, altro momento-chiave del melodramma italiano anni cinquanta.

Gli attori sono manierati o mediocri, ma come spesso succedeva in quegli anni i doppiatori sono di alto livello: Emilio Cigoli, Gualtiero De Angelis, Stefano Sibaldi.

Visto su Youtube.

Mi permette, babbo! (Mario Bonnard, 1956)

Un Sordi allucinato crede di vedere Giuseppe Verdi.

Gustosa commedia di Mario Bonnard con la coppia Sordi-Fabrizi. Il film è molto sordiano: c'è poco Fabrizi e tanto, forse troppo Albertone. Per non parlare dei personaggi secondari, tutti sacrificati dalla sceneggiatura e sostanzialmente dimenticabili, con l'eccezione del grande Turi Pandolfini, che caratterizza in modo splendido un nonnino famelico, sempre pronto a segare le gambe di tavoli e sedie per tentare (inutilmente) di pareggiarle. 

Credo che Sordi si sia divertito non poco ad interpretare un cantante lirico, giocando molto sulla sua voce di basso naturale. Le sequenze finali, nelle quali è sul palco durante la Traviata e nel suo delirio di onnipotenza crede di vedere Giuseppe Verdi (!) che gli sorride, sono notevoli. Piccoli ruoli per Riccardo Billi e Mimmo Poli. Sergio Leone è aiuto-regista, come in altri film di Bonnard.

Visto su RaiPlay.

11 marzo 2021

Un giorno alle corse (Sam Wood, 1937)

 

Tootsie Frootsie Icecream...

Altro titolo classico dei fratelli Marx, comunque meno anarchico e folle di altri loro film precedenti. Alcune sequenze memorabili ci sono, su tutte la scena all'ippodromo con Chico che consiglia a Groucho un cavallo sicuro in modo quantomeno originale. Ma anche Harpo che distrugge un pianoforte per tirare fuori un'arpa da suonare è un gran pezzo di cinema comico... peccato che il film patisca qualche lungaggine, con vari momenti musicali che lo portano a quasi 110' di durata. Oltretutto la (parziale) normalizzazione del personaggio di Groucho finisce per essere controproducente, a mio parere. Qua e là molto divertente, comunque.

Dvd italiano Warner Brothers.

09 marzo 2021

Istintobrass (Massimiliano Zanin, 2013)

 

Buon, vecchio Tinto... beato te.

Buon documentario sulla carriera del regista veneziano (ma milanese di nascita), che si concentra soprattutto sulla prima parte della sua filmografia. Come quasi sempre accade in questo tipo di lavoro, alcuni degli intervistati dicono cose interessanti, altri (come Gianni Canova) si limitano a friggere l'aria, specialità nella quale del resto eccellono.

Personalmente non sono un grande ammiratore dei suoi film: quelli del primo periodo mi sembrano perlopiù mattonate sperimentali oggi imbevibili; gli erotici degli anni ottanta-novanta sono già meglio, ma non mi portano a considerarlo il grande regista di cui molti parlano. Chissà. Dal film Brass emerge comunque come una persona spiritosa e per niente piena di sè, il che non è poco.

Bluray italiano Koch Media, pieno di extra più o meno interessanti tra i quali il suo film del 1971 La vacanza.

Miss Italia (Duilio Coletti, 1950)

La Lollo, destinata a un'ovvia vittoria.

 

Una buona commedia ambientata a Stresa durante il concorso di bellezza. Tecnicamente ben realizzato (fotografia di Mario Bava, montaggio di Mario Serandrei, aiuto regista è Marino Girolami), intreccia le storie di alcune candidate al titolo con una sottotrama gialla, con dei gioielli rubati, un improbabile scambio di valigette alla stazione e così via. Il mix comunque è ben riuscito, anche se il tragico finale (il losco Mino Doro muore insieme a Constance Dowling, donna di vita che si immola sentendosi ormai perduta) spiazza un po' in un film del genere. 

Qualche blando riferimento politico non manca, con la contrapposizione tra comunisti e preti e/o democristiani, ma il tutto è chiaramente all'acqua di rose, stile Don Camillo.

Recuperato su RaiPlay.

08 marzo 2021

Una notte all'opera (Sam Wood, 1935)

I fratelli con Allan Jones.

 

Il primo film dei fratelli Marx alla MGM, e uno dei loro migliori. Pieno di sequenze entrate nella storia della comicità, vede l'assenza dell'inutile Zeppo e una storia meglio costruita, più robusta e meno anarchica rispetto ai lavori precedenti girati per la Paramount. La prima parte del film è ambientata a Milano (!), anche se quasi tutti i riferimenti all'Italia furono maldestramente tagliati per una riedizione; forse durante la guerra, ma c'è chi sostiene che questa sorta di ripulitura venne effettuata già nel 1938. Tant'è. Se la scena della cabina super-affollata non ha bisogno di ulteriori celebrazioni, vanno ricordate anche la lettura del contratto tra Groucho e Chico e la narrazione della trasvolata oceanica, narrata da un barbuto Chico ad una platea attonita.

Dvd italiano con diversi extra interessanti.

06 marzo 2021

Horse Feathers (Norman Z. McLeod, 1932)

Non mostrate mai ad Harpo il vostro distintivo.
 

Titolo classico dei fratelli Marx, con Groucho che diventa rettore di un'università poco prima di una importante partita di football contro i rivali storici dell'ateneo. La trama comunque conta ben poco, come sempre nei loro film: gag a raffica (esilarante quella della parola d'ordine, necessaria per entrare nello speakeasy), umorismo surreale, scene demenziali che si susseguono a un ritmo folle, bellissime canzoni (Everyone Says I Love You, in particolare).

Se i film dei fratelli Marx in Italia non hanno mai avuto il successo che avrebbero meritato, è - credo - perché vederli doppiati è impossibile. Il dvd del film contiene anche il nostro doppiaggio, che risale credo agli anni '80 e nel quale è facile riconoscere la voce di Elio Pandolfi su Groucho. Ma sentire Chico doppiato con quel ridicolo accento meridionale, solo per fare un esempio, è una tortura che non augurerei al peggiore dei miei nemici: il film va visto per forza in inglese.

Dvd Universal.

Il trovatello (Mario Mattoli, 1938)

Tina Pica era vecchia già nel 1938.
 

Lo spunto di partenza di questa divertente commedia anni '30 è un neonato abbandonato su una automobile, un po' come avviene ne Il monello di Chaplin. Le analogie comunque iniziano e finiscono qui: il film di Mattoli procede infatti con dialoghi serratissimi, specialmente nei continui battibecchi tra moglie e marito. Bello vedere grandi attori come Virgilio Riento, Tina Pica e Riccardo Billi quand'erano giovani, o comunque più giovani di come sono ricordati oggi. Notevole l'apparizione di parenti siciliani mai visti prima, non appena si diffonde la notizia della forte vincita al lotto del protagonista (Michele Abruzzo). 

Bel film farsesco, con una regìa forse ancora un po' grezza. 

Altro meritorio recupero di Mediaset Play.

04 marzo 2021

Tentazioni metropolitane (Gianna Maria Garbelli, 1993)

 

Il fvatello della Gavbelli che sbvaita come al solito.

Gianna Maria Garbelli presenta - Per GMG Produzioni - Un film di Gianna Maria Garbelli, con Gianna Maria Garbelli. 

Basterebbero i primi trenta secondi dei titoli di testa per farsi un'idea dell'ego della sciura Garbelli, una sorta di Gianni Manera in gonnella. Il film è un monumento alla sua ideatrice e protagonista, una vera e propria garbelliade che spreca gli spunti potenzialmente interessanti per concentrarsi solo su di lei. C'è da dire che il film, ambientato in una Milano dove molti parlano con pesante accento romano, ha i suoi pregi: una certa vitalità, per esempio. La sequenza dei manichini che si flettono, ricordando le numerose perquisizioni corporali che la protagonista subisce nel corso del film, è un bel momento. Il tema del difficile reinserimento sociale degli ex detenuti è trattato con rispetto, ma ci sono troppi scivoloni: a partire dal ridicolo personaggio del fratello con la erre moscia, che sbraita come un forsennato ogni volta che appare in scena.

Il film comunque è garbelliano, o garbellesco fino in fondo. Persino la grande Annie Girardot, doppiata in un discutibile italo-milanese, ha ben poco da fare. La nostra eroina si concede anche un full frontal e una scena saffica in carcere con Fiorenza Marchegiani, detenuta politica tendente al lesbismo. Finale aperto alla speranza.

Visibile sulla piattaforma Chili.

Calibro 9 (Toni D'Angelo, 2020)

 

La locandina.

Il sedicente séguito di Milano calibro 9 sfrutta alcuni personaggi del film di Fernando Di Leo per creare un minimo di interesse intorno a un soggetto contorto e mai appassionante. Non mancano alcuni difetti tipici del cinema italiano contemporaneo, come ad esempio personaggi che spesso bisbigliano anziché parlare. Diverse sequenze dialettali oltretutto sono letteralmente incomprensibili, ma forse è meglio così. Misteriosa la presenza di un'attrice russa come capoclan della 'ndrangheta, ma è solo una delle tante assurdità che il film accumula per strada, tra inutili spostamenti in giro per l'Europa, ridicole sparatorie coreografate malamente e così via.

Puramente decorativa la presenza di Barbara Bouchet, fortunatamente doppiata.

Visibile sulla piattaforma Chili.

03 marzo 2021

Torna! (Raffaello Matarazzo, 1954)

Il mellifluo Franco Fabrizi non guarda negli occhi la Sanson.
 

Quanto mi piacciono questi vecchi film di Matarazzo con la coppia Amedeo Nazzari-Yvonne Sanson. Qui poi c'è anche Franco Fabrizi (doppiato da Stefano Sibaldi!) nel ruolo per lui classico del fetentone, che fa di tutto per rovinare l'idillio dei due protagonisti. Il film è formalmente ambientato a Napoli, una Napoli dove curiosamente nessuno ha il benché minimo accento partenopeo.

Il terzetto di protagonisti è perfettamente in parte e lo svolgimento è classico, quantomeno fino a tre quarti: nel segmento finale infatti le cose si complicano. Quasi come se il torbido dramma non fosse abbastanza, Matarazzo e De Benedetti aggiungono una frana che travolge un casolare e una mater dolorosa impazzita che rapisce la piccola Lidia, figlia dei protagonisti, credendola la sua bambina morta anni addietro. Non mancano alcuni momenti topici del genere, come la confessione del cattivo in punto di morte.

Gran bel film, godibilissimo. Girato a colori, circola ancora oggi in copie in bianco e nero. Niente da spartire con il quasi omonimo film diretto da Stelvio Massi nel 1984.

Uscito in dvd, è visibile anche su RaiPlay.

Il giorno prima (Giuliano Montaldo, 1987)

 

Persino Andrea Occhipinti è turbato da questo paio di bocce.

Curioso film di Montaldo scritto da Piero Angela. Un gruppo di 15 volontari entra in un rifugio anti-atomico per testarlo, con l'impegno di rimanere venti giorni al suo interno senza che nessuno esca per nessun motivo. Per un po' le cose vanno anche bene, ma a metà film iniziano i prevedibili conflitti. L'idea di base è interessante, e nel finale la storia riserva una svolta imprevista; ma il tutto è almeno parzialmente rovinato da un bizzarro casting, che mischia attori di indiscutibile livello (tra i quali Burt Lancaster e due interpreti bergmaniani come Ingrid Thulin ed Erland Josephson) con altri davvero improbabili. 

Visibile su RaiPlay.

02 marzo 2021

Siamo ricchi e poveri (Siro Marcellini e Roberto Amoroso, 1954)

I fratelli Beniamino e Dante Maggio.

Simpatica commedia musicale napoletana a colori, condita con molti degli ingredienti classici. Abbiamo infatti: 

1) L'onesto ragazzo che vorrebbe sfondare come cantante tra mille difficoltà.

2) La malafemmina straniera, che cerca inutilmente di traviarlo.

3) La solita cospicua eredità che arriva dall'America, e che crea un ovvio scompiglio.

Napoletanissima pellicola prodotta dalla gloriosa Sud Film, ha il suo perché, quantomeno se si apprezza il sottogenere. La regìa è accreditata a Siro Marcellini e al produttore Roberto Amoroso, a quattro mani. Beniamino Maggio ha un paio di scene che dimostrano il suo grande talento drammatico, purtroppo non sempre utilizzato a dovere dal nostro cinema.

Recuperato su Mediaset Play.

Il sorriso del ragno (Massimo Castellani, 1971)

 

Film povero, ma c'è chi guida una Lamborghini Espada.

Spionistico italiano girato in Grecia da un regista ignoto ai più. Con tutta la buona volontà del caso, mi è stato impossibile reggere più di 40 minuti. Certi film sono invecchiati così tanto che sembrano risalire ai tempi dei fratelli Lumiere: misteriose valigette, agenti segreti, viaggi in giro per l'Europa eccetera. Leopoldo Trieste fa macchia nel cast: chissà come finì in mezzo a questo guazzabuglio.

Trasmesso da Mediaset in un'ottima copia.

Il mostro di Firenze (Cesare Ferrario, 1986)

 

L'inaspettata apparizione di Elias de "I ragazzi della Terza C".

Nel 1986 in Italia uscirono due film sul cosiddetto Mostro di Firenze, che riempiva le pagine dei giornali con le sue efferatezze. Questo arrivò nelle sale per secondo, bruciato da L'assassino è ancora tra noi di Camillo Teti, che uscì un paio di mesi prima. Questo di Ferrario è un deludente ibrido tra il film-inchiesta à la Damiani e il thrillerazzo erotico, con una seconda parte soporifera che accumula stereotipi sul complesso di Edipo, madri possessive, impotenza e così via. Oltretutto Leonard Mann, che non faceva certo dell'espressività la sua miglior caratteristica, è qui particolarmente bollito. La regìa di Ferrario non è affatto male, ma è la storia a fare acqua da tutte le parti: la sensazione è quella di assistere a una fiction televisiva Fininvest, e non delle migliori.

Dvd italiano Quadrifoglio.

01 marzo 2021

Tiro al piccione (Giuliano Montaldo, 1961)

"Il vile si nasconde".

L'esordio di Montaldo nel lungometraggio è coraggioso, visti il periodo storico e il tema affrontato, cioé la guerra vista dalla parte dei repubblichini di Salò e non - come sempre nel nostro cinema - da quella dei partigiani. Il risultato però tutto sommato è deludente: un film lungo e noioso, con inutili parti documentaristiche che spezzano il ritmo, commentate da una voce off che scade spesso nella retorica che gli autori vorrebbe evitare. Oltretutto Charrier come protagonista è debole e monoespressivo. Notevole la messinscena, ma è difficile trovare appassionante la storiella d'amore tra il soldatino e l'infermiera, mai davvero approfondita e con dialoghi da romanzetto rosa.

Ennesimo film sparito dai radar per decenni, ora meritoriamente pubblicato in dvd/bluray da Penny Video.

Le streghe (registi vari, 1967)

Silvana Mangano con i capelli verdi.

Deludente monumento alla splendida Silvana Mangano, il cui indiscutibile talento è stato meglio valorizzato altrove. Il film è diviso in 5 episodi: insignificanti i due brevi segmenti firmati da Franco Rossi e Bolognini. Bello ma irrisolto quello di Pasolini, dove pure l'attrice è di una sublime bellezza e Totò dà un saggio delle sue capacità di attore. Noioso Visconti, che fa esordire Helmut Berger, suo futuro attore-feticcio. Anche De Sica delude: Clint Eastwood è totalmente fuori parte, certamente non aiutato dal pessimo doppiaggio italiano di Peppino Rinaldi. Non accreditato appare Francesco Golisano, il protagonista di Miracolo a Milano.

Bluray inglese, dato che in Italia non c'è neanche il dvd.

I soliti rapinatori a Milano (Giulio Petroni, 1961)

I titoli di testa.


Clamoroso recupero di un film invisibile da decenni, mai uscito in videocassetta nè in dvd.

Si tratta di una ovvia variazione sul tema de I soliti ignoti di Monicelli, tanto che nel cast ci sono Ferribotte e Capannelle. Purtroppo la storia non è granché, e i luoghi milanesi sono pochissimi e per niente valorizzati. Film che cercavo da almeno dieci anni: come spesso accade, più brami di vedere una pellicola, più questa ti delude quando finalmente ci metti le mani sopra. Una lezione che un vero appassionato, comunque, non impara MAI.

Visto grazie a Mediaset Play.

Vertigine (Guido Brignone, 1942)

Un amore destinato all'infelicità (come tutti).

Polveroso melodramma con Beniamino Gigli, che resta comunque sullo sfondo della vicenda principale. Il film infatti narra il solito triangolo amoroso tra sua figlia, il fidanzato e la malafemmina, che non è poi tale in senso stretto, ed è destinata peraltro ad ovvia redenzione finale. Convenzionale ed invecchiato, si segue comunque con discreto piacere. Gigli, attore dilettante, si esibisce in alcuni brani del suo repertorio. Non casualmente, il perfido strozzino che ricatta il giovane Alberto non è italiano. Bello e particolare il finale, col montaggio analogggico di calboniana memoria.

Recuperato grazie a Mediaset Play.

L'anno dei gatti (Amasi Damiani, 1979)

Il sosia di Roberto Pruzzo

Terribile giovanilistico diretto con la consueta imperizia da Amasi Damiani. Girato in modo dilettantesco, con lunghissime scene di gente che cammina in strada ripresa col teleobiettivo, è di una noia esiziale come tutti i film del regista che ho avuto la sfortuna di vedere. Battute agghiaccianti, volgarità e personaggi che appaiono e scompaiono secondo una logica misteriosa. Eolo Capritti è uno dei pochi volti noti (per modo di dire) del cast. Singolare la presenza di una specie di sosia di Roberto Pruzzo, che ha la battuta migliore del film: "La statistica è come una donna in bikini: ti fa vedere quasi tutto, ma ti nasconde l'essenziale".

Visibile su Mediaset Play in un'ottima copia, dopo decenni di comprensibile oblio.

Soldati - 365 all'alba (Marco Risi, 1987)

Amendola e Benvenuti ai ferri corti. Bel film di Marco Risi, che racconta un anno di naja in una caserma friulana. Tanti personaggi più o me...