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Cruise in versione Maurizio Nichetti. |
Titolo storico di Oliver Stone, grande successo di pubblico e di critica.
Rivisto dopo almeno 20 anni, non mi ha convinto. Troppo strillato, enfatico e con abbondanza di luoghi comuni e colpi bassi. Forse mi sbaglio, ma il cinema di Stone tende ad invecchiare male.
Il protagonista è ritratto come il classico ragazzotto americano ignorante degli anni Sessanta, tutto dio, patria e famiglia. Parte volontario per il Vietnam, torna in sedia a rotelle e inizia un percorso che lo porta a capire tante cose.
La regìa, come spesso nei film di Stone, è molto effettata. Troppo, per i miei gusti. Soprattutto le sequenze di guerra sono brutte, ma non solo: alcune scene fanno sorridere in modo involontario, come quando il protagonista si mette a correre come un ebete sotto un temporale pauroso per arrivare dalla sua ganza al ballo di fine anno. Perché non prende la macchina? Ottima domanda. Poi c'è la scena-madre, con Cruise che rincasa ubriaco e inizia a strepitare in piena notte svegliando tutti quanti. Sequenza obiettivamente imbarazzante, con lui che parla del suo organo sessuale ormai inservibile alla madre allibita. Mah.
Tom Cruise a me non è mai piaciuto, che posso farci? Ce la mette tutta, questo gli va riconosciuto: ma non riesce mai a rendersi credibile quando piange, urla e starnazza come un'oca da cortile.
Anche la colonna sonora di John Williams, ovviamente candidata agli Oscar come qualunque suo altro lavoro, è tronfia e retorica. Willem Dafoe e Kyra Sedgwick (insipida) completano un cast non irresistibile.
Visto in un mux rimediato fortunosamente.
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