
Una scena che per qualche motivo mi ha colpito.
Tarda, amara commedia del 75enne Monicelli.
Giancarlo Giannini è uno sceneggiatore mezzo fallito, ipocondriaco e con tendenza alla depressione. La sua vita potrebbe svoltare quando mette incinta e quindi sposa la giovane Emmanuelle Seigner: ma il suo destino evidentemente è già segnato, e non ci sarà nessun lieto fine.
Un film cupo, pessimista ma fondamentalmente sbagliato. Tra le varie bizzarrie: la Sandrelli che finge di avere la erre moscia, Pietro Tordi chirurgo ottantaquattrenne, l'insensato nudo integrale di Nestor Garay e così via. Per non parlare dell'incontro casuale all'alba di Giannini con l'ex amante in piazza del Popolo, cosa che immagino molto probabile in una città piccola e con pochi abitanti come Roma.
Il film comunque è l'ultimo del grande Vittorio Caprioli, qui molto misurato a differenza di un Giannini talora quasi wertmülleriano, e non è un complimento: parla troppo, gesticola troppo, urla troppo.
"Il cinema in Italia è finito", dice a un certo punto Armando Marra, nei panni del solito produttore disonesto, ignorante e maneggione: difficile dargli torto dopo aver terminato la visione di questo film.
Visto in una copia rimediata fortunosamente.
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