La splendida Nastassja Kinski.
Il virus HIV secondo la Wertmüller in quest'opera dal titolo stranamente breve.
Rutger Hauer è un giornalista che finge di essere sieropositivo per registrare le reazioni delle persone che incontra. Interessante, se non che un bel giorno (si fa per dire) scopre di avere l'Aids sul serio, proprio pochi giorni prima di sposarsi con Nastassja Kinski. Decide quindi di fuggire, rendendosi irreperibile ed evitando ogni contatto con la sua bella, che per cinque lunghi anni si strugge al suo pensiero. Alla fine i due si ritrovano, mentre lui sta cercando la cura miracolosa per il male del secolo e intanto guadagna milioni fabbricando preservativi in combutta con una ricchissima imprenditrice americana. Boh.
Film da bocciare, nonostante le alte pretese ed il cast senz'altro interessante: ci sono anche Peter O'Toole, Faye Dunaway e Lorraine Bracco (sprecata, quest'ultima). La regista affronta il tema con il suo stile classico, da carro armato dentro una cristalleria; la prima sequenza, con l'omicidio-suicidio dei due sposini, per esempio... che c'entra col resto del film? Hauer se la cavicchia anche, doppiato da Paolo Ferrari, mentre il buon Gigi Montefiori che tenta un improbabile accento veneziano fa sorridere.
Cartolinesco negli esterni (Parigi, Londra, Venezia e New York: manca giusto Las Vegas), non emoziona nemmeno per un istante nonostante il tema sensibile. La Wertmüller poi aggiunge dei tocchi grotteschi che avrebbe potuto benissimo evitare. Si salva la Kinski, bella in modo quasi irritante.
Visto in una ottima copia, restaurata e recuperata in modo fortunoso.